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Il paradosso dell’alunno

Che la Lega possa lanciare proposte sulla scuola è quantomeno singolare, visti gli scintillanti curriculum di alcuni suoi ex dirigenti.
Ma Matteo Salvini, europarlamentare, accetta di avventurarsi in questo campo e riporta sulla sua bacheca Facebook la proposta del suo partito.
“Bambini stranieri a scuola solo se prima imparano la lingua italiana”. “Ovvio, di buon senso, quasi banale”, aggiunge. E certo.

Caro Salvini, un bambino frequenta la prima elementare a sei anni. Dai tre ai cinque anni può anche andare all’asilo, ma che io ricordi, la scuola dell’infanzia non è obbligatoria: è più una preparazione alla scuola primaria, ed è difficile che si possano imparare a tre anni le nozioni di una lingua non tua al punto tale da permetterti di passare un test.
Ma supponiamo per assurdo che passi la proposta della Lega. Ora, come fa un bambino straniero, con genitori stranieri, a imparare la lingua italiana al punto da tale da essere ammesso a scuola se non ha interazioni con italiani (nel suo caso, coi suoi coetanei)? Come dovrebbe imparare la lingua italiana rimanendo a contatto con persone che parlano solo la lingua del proprio paese d’origine? Restando incollato alla tv? E quali dovrebbero essere i suoi insegnanti? I doppiatori dei cartoni animati? Fabio Caressa e Beppe Bergomi?

Altro non sembra che una variazione sul tema di quanto già proposto dalla stessa Lega durante l’ultimo governo Berlusconi, le mitiche classi ponte per gli alunni stranieri (che, infatti, nel 2008 furono bocciate da molti linguisti). Lo scopo? Rendere sempre più difficoltosa l’integrazione degli alunni “non italofoni”.

La proposta della Lega sembra paradossale, nel vero senso della parola. Paradossale perchè, in senso lato, ricorda il “paradosso del barbiere” di Bertrand Russell (e che, dato il contesto, potremmo ribattezzare il “paradosso dell’alunno”). Parafrasando Russell, “un alunno che non conosce la lingua italiana non va a scuola”, ma “un alunno che non va a scuola non conosce la lingua italiana”.

Poi, certo, sarebbe simpatico se Matteo Salvini rispondesse all’obiezione che gli fa su Facebook un utente. Come la mettiamo con chi si laurea in Albania senza conoscere l’albanese?

E io che pensavo

Devo ringraziare Roberto Maroni.

Nella settimana in cui ha sancito l’accordo con Berlusconi (e nonostante ci sia qualche buontempone che evidentemente deve avergli fregato il telefonino), voglio credere che lui, barbaro sognante, mantenga la schiena dritta e non si rimangi la parola data ai suoi elettori. E la parola data prevede la candidatura di Bobo alle regionali in Lombardia in cambio dell’appoggio al candidato del PDL alle politiche, anche se questo scenario è più complesso da decifrare.
Solo un punto è chiaro: “No Berlusconi candidato premier”. Di più: “E’ scritto nell’accordo”.

Ecco perché gli elettori leghisti devono aver sudato freddo vedendo il simbolo del PDL con la scritta “Berlusconi presidente”. Presidente? Ma come, non c’era l’accordo? Per fortuna è intervenuto Bobo che ha spazzato via ogni dubbio. Presidente perché è “presidente del PDL”.

E io che pensavo che parlassero del Milan.

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